Le vipere e la gallina

Foto di Alex Kalinin su Unsplash
Foto di Alex Kalinin su Unsplash

10 dicembre 2025

Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 23,33-39 (Lezionario di Bose)

In quel tempo, Gesù disse alla folla e ai suoi discepoli: 33«Serpenti, razza di vipere, come potrete sfuggire alla condanna della Geènna?
34Perciò ecco, io mando a voi profeti, sapienti e scribi: di questi, alcuni li ucciderete e crocifiggerete, altri li flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città; 35perché ricada su di voi tutto il sangue innocente versato sulla terra, dal sangue di Abele il giusto fino al sangue di Zaccaria, figlio di Barachia, che avete ucciso tra il santuario e l'altare. 36In verità io vi dico: tutte queste cose ricadranno su questa generazione.
37Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! 38Ecco, la vostra casa è lasciata a voi deserta! 39Vi dico infatti che non mi vedrete più, fino a quando non direte:
Benedetto colui che viene nel nome del Signore!».


“Le vipere e la gallina”: potrebbe essere il titolo di una favola di Esopo o di Jean de La Fontaine. In realtà si tratta degli animali protagonisti della pericope evangelica odierna. Scribi e farisei sono infatti definiti “serpenti, razza di vipere” (v. 33). Gesù, poi, parla di sé paragonandosi a una chioccia che desidera radunare attorno a sé i propri pulcini (cf. v. 37). Due immagini che ci raccontano anche il nostro modo di stare al mondo e lo stile del rapportarsi di Dio nei nostri confronti: i nostri morsi velenosi e la delicatezza di un Dio madre dalla tenerezza sconfinata che Gesù incarna.

Chiusa la sezione dei “guai”, che non sono maledizioni ma aspri richiami in vista della conversione, invettive di chi ama alla follia, Gesù continua ad apostrofare con veemenza i suoi interlocutori, definendoli serpenti e vipere, cioè persone velenose, false, menzognere, ipocrite, doppie. Ci viene subito alla mente il serpente antico. In un altro contesto leggiamo: “Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna” (Gv 8,44).

L’intento del serpente antico e delle vipere di ieri e di oggi è quello di creare divisione, minare la fiducia, spaccare il rapporto tra Dio e l’essere umano, tra uomo e donna, tra fratelli e sorelle; è lacerare le coscienze, generare il caos e la confusione nell’interiorità, propagandare la menzogna.

Gesù ha un atteggiamento opposto, e si paragona alla gallina che vorrebbe invece riunire e raccogliere i pulcini sotto le sue ali. Gesù ha fatto il possibile per Gerusalemme, per risparmiarle la rovina. Come una chioccia raccoglie i propri pulcini sotto le ali per difenderli, così Gesù ha costantemente offerto protezione a Gerusalemme. Ha assunto su di sé questa storia drammatica, mosso dal desiderio di unire, consolare, rinsaldare la fiducia, dare vita.

La rovina di Gerusalemme non è conseguenza del castigo di Dio che, arrabbiato per l’infedeltà della città, le manda sciagure di ogni tipo. La mancanza di pace e di tranquillità trova la sua origine anzitutto nella divisione avvertita dentro le persone, nella separazione tra l’esteriorità e l’interiorità, nella distanza tra l’osservanza formale e la coscienza, tra pratica religiosa e impegno civile, nella mancanza di rispetto per la giustizia, nell’ipocrisia, nella doppiezza.

Nel pianto di Gesù – ha spiegato papa Francesco in una sua omelia – c’è “tutta l’impotenza di Dio: la sua incapacità di non amare, di staccarsi da noi … Dio piange per me, quando io mi allontano; Dio piange per ognuno di noi; Dio piange per quelli malvagi, che fanno tante cose brutte, tanto male all’umanità … Aspetta, non condanna, piange. Perché? Perché ama!”.

fratel Giandomenico