Il potere della cura

Giovanni Frangi
Giovanni Frangi

9 luglio 2025

Mt 10,1-7

In quel tempo 1chiamati a sé i suoi dodici discepoli, Gesù diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità. 2I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello; 3Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; 4Simone il Cananeo e Giuda l'Iscariota, colui che poi lo tradì. 5Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; 6rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele. 7Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino.


Gesù ha appena annunciato la venuta del Regno dei cieli con le guarigioni operate intorno al lago di Tiberiade e sente compassione delle folle stanche e sfinite. L’umanità del nostro tempo non è così diversa! Anche oggi l’incarnazione del Verbo di Dio è segno di una speranza possibile, del grande amore che Dio ha per noi uomini e donne sempre più feriti e perduti. 

Gesù, mosso da questa compassione fino alle viscere, dona parole di misericordia e di speranza, compie gesti di guarigione e sfama le folle che lo seguono e invia i dodici.

 Sempre la missione del discepolo del Signore deve partire dalla stessa compassione che nasce da uno sguardo e da gesti di tenerezza verso ogni uomo o donna che incontriamo nella vita. Quella tenerezza che papa Francesco tante volte ci ha mostrato concretamente. Tenerezza che nasce dal sapere riconoscere nel cuore di ogni essere umano la sofferenza che vi abita nascosta, di cui dobbiamo prenderci cura prima ancora di giudicarla o condannarla, questa è la nostra chiamata. 

L’autorità e il potere che Gesù dà ai suoi inviati è il potere di prendersi cura, questa cura concreta, solida, semplice e umana sarà segno per tutti che il Regno dei Cieli è vicino. Gesù non manda i discepoli a predicare una teologia, o a difendere dei dogmi, ma a prendersi cura di ogni malattia o infermità, per questo i discepolisono inviati disarmati: solo così infatti possono essere annunciatori credibili della pace che è il Signore Gesù presente nelle nostre vite. 

L’autore del vangelo ci dà la lista dettagliata dei dodici, Marco precisa che Gesù scelse questi dodici perché stessero con lui. Ciascuno di noi è chiamato e inviato da Gesù non per annunciare sé stesso, il proprio progetto, le proprie idee, ma solo la venuta prossima del suo regno di Gloria in cui a tutti gli uomini sarà annunciata la misericordia perché Dio asciugherà le lacrime su ogni volto.

L’annuncio sarà efficace e credibile perché semplice riflesso della comunione tra il maestro e il discepolo, inviato ad agire e parlare in mezzo agli uomini e alle donne del suo tempo come Gesù, facendo del bene e guarendo.

 Conosciamo i dodici: i vangeli ci parlano anche di loro, della loro umanità, della loro condizione a volte umile e povera, della fatica nell’andare dietro a questo maestro che sembra voler sovvertire tutte le convenzioni sociali e religiose del suo (… e nostro) tempo. Ma conosciamo anche le cadute e i fallimenti, l’incapacità di comprendere e di credere, le paure e l’illusione di perseguire e applicare a Gesù il proprio progetto, illusione che per Giuda si rivelerà mortifera. Anche il lettore più semplice del vangelo ricava l’impressione che questo gruppo sia tutt’altro che un’élite scelta di perfetti, primi della classe chiamati a diventare maestri del resto dell’umanità. 

L’esclusività dell’annuncio al popolo d’Israele è propria di Matteo che probabilmente scrive per una comunità di giudeo-cristiani. Ma Gesù stesso negli incontri che farà in terra straniera, dalla samaritana, al centurione romano, alla donna siro-fenicia si lascerà convertire dalla sofferenza, dal desiderio profondo che abita il cuore di queste persone.

Anche noi prima ancora di portare Cristo, dobbiamo essere pronti a incontrarlo nell’altro, chiunque altro, pronti a lasciarci convertire da ogni incontro in cui sappiamo riconoscere il desiderio profondo cha abita il cuore di ogni uomo, quello di essere amato così come egli è, quello di essere riconosciuto nella sua libertà e dignità di figlio di Dio.

fratel Nimal