La fatica della felicità
25 giugno 2025
Mt 4,1-11
In quel tempo1 Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. 2Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. 3Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di' che queste pietre diventino pane». 4Ma egli rispose: «Sta scritto:
Non di solo pane vivrà l'uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio».
5Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio 6e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti:
Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo
ed essi ti porteranno sulle loro mani
perché il tuo piede non inciampi in una pietra».
7Gesù gli rispose: «Sta scritto anche:
Non metterai alla prova il Signore Dio tuo».
8Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria 9e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». 10Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti:
Il Signore, Dio tuo, adorerai:
a lui solo renderai culto».
11Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.
“Perché tu sia felice” (Dt 6,3), questa è la trama nascosta che sostiene le parole con cui Gesù si oppone al tentatore; parole tutte tratte dal libro del Deuteronomio e collegate come una collana di perle da questo filo rosso: la prospettiva della felicità, di una pienezza di vita.
In fondo, la contrapposizione tra la voce di Dio e quella del diavolo si gioca tutta su una sfumatura di accento. È sempre questo che rende insidiosa la tentazione! Gesù si è appena sentito dire “questi è il Figlio mio, l’amato” (Mt 3,17), ed ora il tentatore gli sussurra all’orecchio “se tu sei Figlio di Dio…”. Gesù, alla luce della Scrittura, intende quelle parole come l’attestazione di una realtà irrevocabile, l’essere figli di Dio, che ci ama per primo (1Gv 4,19) e senza condizioni; realtà che comporta una fatica, l’imparare ad essere figli, obbedienti alla propria realtà di creature e alla volontà del Padre, ma che apre orizzonti inimmaginabili di felicità. Il diavolo invece gli suggerisce una tutt’altra interpretazione di quelle parole: “Se tu sei Figlio di Dio, allora sei Dio! Dimostralo, a te stesso, a Dio e agli altri, prendendoti tutto ciò che vuoi, quando lo vuoi e come lo vuoi”.
Gesù imbocca la via stretta della fatica, dove si è sostenuti dalla consapevolezza di essere amati e sospinti dalla brezza di una promessa di felicità; il divisore invece propone la via larga della soddisfazione immediata, egocentrica (e disperata!) dei propri bisogni.
Hai fame? Mangia! Puoi? Allora fallo e basta. Bisogno, soddisfazione. Nessuna fatica. Già, ma pure nessuna crescita e nessuna scoperta. Se non accetterò di provare un po’ di fame, non scoprirò mai la manna, che né io né i miei padri conoscevamo; e non imparerò sulla mia carne che ci sono altre fami e altre sazietà oltre a quella del ventre (cf. Dt 8,3).
Sei stanco di una quotidianità così banale? Buttati, sballati. Puoi? Allora fallo. Nessuna fatica. Eppure se non sopportiamo quel senso di vuoto che ogni tanto ci attanaglia insopportabile, bisbigliandoci “sei solo e non vali niente, tutto è insensato”, non riusciremo mai ad affinare lo sguardo e ad aguzzare la vista per vedere l’invisibile e scoprire al cuore della realtà una presenza inattesa. Finché tenteremo il Signore esigendo miracoli e segni, grandi eventi e forti emozioni, non arriveremo mai a cogliere le mani del Creatore che reggono il mondo, il suo sorriso negli occhi di un bambino, il suo sostegno nella parola di un amico.
Vuoi gloria e potere? Inchinati alle sue logiche. Non serve altro. Nessuna fatica. Peccato solo che perderò la terra promessa. Possedendo il mondo perderò la sua anima, e la mia (Lc 9,25). Stolti! Non ci accorgiamo che già “tutto è nostro”, e noi siamo di Dio (cf. 1Cor 3,22-23)? Non capiamo che per conquistare autorità stiamo vendendo la nostra libertà?
Così, tra le parole del Padre e quelle del Male passa una differenza sottile, ma sostanziale, quella tra l’illusione di dèi che si impongono e la fatica di figli che crescono.
fratel GianMarco