Ascolto, conoscenza, sequela

immagine satellitare - Foto di USGS su Unsplash
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26 maggio 2025

Dal Vangelo secondo Giovanni - Gv 10,22-42

In quel tempo 22ricorreva a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. 23Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. 24Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell'incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente». 25Gesù rispose loro: «Ve l'ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. 26Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore.  27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. 28Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. 29Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. 30Io e il Padre siamo una cosa sola». 31Di nuovo i Giudei raccolsero delle pietre per lapidarlo. 32Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?». 33Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un'opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio». 34Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dèi? 35Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio - e la Scrittura non può essere annullata -, 36a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: «Tu bestemmi», perché ho detto: «Sono Figlio di Dio»? 37Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; 38ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre». 39Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani.
40Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui rimase. 41Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero». 42E in quel luogo molti credettero in lui.


Nel portico di Salomone, durante la festa della Dedicazione – memoria della purificazione e della riconsacrazione del tempio – Gesù si presenta come il vero pastore: non un capo che domina, ma colui che guida con la voce, che chiama con dedizione e si offre con fedeltà. È proprio lì, nel luogo che celebra la presenza divina, che avviene un confronto decisivo. Alla domanda che gli viene rivolta dai giudei, “Fino a quando ci terrai nell’incertezza?” (v. 24), Gesù non risponde con dottrine, ma con la testimonianza autorevole di una vita coerente: “Le opere che compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me” (v. 25).

Questa pagina evangelica è una meditazione sulla guida spirituale e sulla capacità di discernere. L’immagine del buon pastore (cf. Gv 10,11), che attraversa tutta la Scrittura, non è solo una metafora, ma un linguaggio che svela il modo in cui Dio si rende vicino. Gesù non assume atteggiamenti autoreferenziali, ma si rivela come colui che conosce nel profondo, che accompagna con cura, che protegge con tenerezza e che dona la vita (cf. vv. 27-28). È colui che precede il suo gregge e condivide la sua sorte.

Nel cuore del brano risuona una triade decisiva: ascolto, conoscenza, sequela. “Le mie pecore ascoltano la mia voce, io le conosco ed esse mi seguono” (v. 27). Ascoltare, nel lessico biblico, non è un atto passivo, ma un’apertura radicale del cuore. “Ascolta, Israele” (Dt 6,4): è l’inizio della fede, un’accoglienza profonda della voce che interpella. In un tempo assordato da parole vuote e da tanti rumori, riscoprire l’ascolto attivo come pratica spirituale è già una forma di conversione.

Da questo ascolto nasce la conoscenza. “Io le conosco” (v. 27): non è un sapere astratto, ma una relazione viva. Conoscere, biblicamente, descrive un’unione profonda e generativa: è lo stesso verbo usato per esprimere l’intimità sponsale (cf. Gen 4,1; Os 2,22). Così, Gesù conosce perché ama, non perché osserva.

Da questa conoscenza nasce la sequela. “Io do loro la vita eterna” (v. 28): una vita che non è solo attesa futura, ma già realtà presente, vissuta ogni giorno alla luce della relazione con il Padre. Seguire Cristo non è ripetere atteggiamenti esteriori, ma lasciarsi trasformare interiormente: chi ascolta, conosce; chi conosce, segue; chi segue, si rinnova.

Gesù non si difende con parole, ma con le opere. Non è la parola che persuade, ma la coerenza tra ciò che si crede e ciò che si vive. Nei gesti semplici e silenziosi si rivela la verità evangelica di ciascuno: non è la performance del momento che convince, ma la fedeltà quotidiana, nascosta, generata da un cuore abitato dalla Parola.

Gesù propone un discernimento esigente: riconoscere la voce che chiama per nome, distinguere ciò che è autentico da ciò che è ingannevole, e rispondere con scelte concrete. “Io e il Padre siamo una cosa sola” (v. 30): non è solo una verità da credere, ma una comunione da vivere, in cui pensiero e azione, parola e opere si tengono uniti.

La conversione che il vangelo propone non è un’emozione momentanea, ma un percorso che rende visibile l’invisibile: ascoltare, conoscere, seguire, discernere, testimoniare. È questa la via per diventare, a nostra volta, pastori generativi gli uni degli altri.

sorella Mónica