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Bisogna entrare nei mondi estranei amandoli, senza lasciarsi mettere sotto tutela dall’idolatria per qualcuno o qualcosa ma sbriciolando l’Ego, allargando i confini della mente che sono i confini della sensibilità. Bisogna far convivere idee, farle incontrare per affrontarsi, riconoscersi, separarsi e unirsi in forme diverse, secondo le parole di Alberto Savinio nella Nuova enciclopedia: “E poiché d’altra parte non c’è speranza che idee così lontane possano riunirsi e fondersi, conviene rassegnarsi a una crisi perpetua e sempre più grave della civiltà. Rinunciamo dunque a un ritorno all’omogeneità delle idee, ossia a un tipo passato di civiltà e adoperiamoci a far convivere nella maniera meno cruenta le idee più disparate, ivi comprese le idee più disperate”: only connect, senza sosta.
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All’origine e poi nel corso dell’intera vita cristiana c’è quel mutamento radicale di cui trovo un’espressione significativa in una parola dell’apostolo Pietro. Dopo il discorso di Gesù sul pane di vita, tutti se ne vanno: “È pazzo”, dicono. Il che significa: è estraneo alla nostra ragione. “Volete andarvene anche voi?”, domanda Gesù ai suoi discepoli. Liberi di farlo. “Da chi andremo? – risponde Pietro – Tu hai le parole della vita” (cf. Gv 6,67-68). Pietro non capisce di più, però sa già che partire vorrebbe dire lasciare la propria vita. Ciò che quell’uomo gli ha svelato della sua stessa esistenza. Gesù non è ciò che egli possiede, ma ciò senza il quale vivere non sarebbe più vivere. Egli è già l’essenziale, e resta differente; necessario, e imprendibile.
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