La fame e il pane

immagine satellitare - Foto di USGS su Unsplash
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10 maggio 2025

Dal Vangelo secondo Giovanni - Gv 6,30-47

In quel tempo 30dissero a Gesù: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? 31I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». 32Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. 33Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». 34Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». 35Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai! 36Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete. 37Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, 38perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. 39E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo giorno. 40Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno». 41Allora i Giudei si misero a mormorare contro di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». 42E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: «Sono disceso dal cielo»?». 43Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi.  44Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 45Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.


La fame definisce l’uomo: fame di pane di frumento per la sopravvivenza biologica, fame di una parola di saggezza per un esserci in dignità, fame di un pane disceso dal cielo per giorni dischiusi a orizzonti inediti, eccedenti, di senso. Di quest’ultimo pane parla il brano evangelico di oggi, pane che viene incontro alla fame metafisica dell’uomo, l’anelito alla vita eterna nell’amore. Colui che ha moltiplicato i pani nel deserto ora nella sinagoga di Cafarnao conduce quanti lo cercano e lo seguono, a ben vedere come le oche la massaia, a una interpretazione singolare del pane che presuppone una fame singolare a cui Gesù è risveglio di coscienza. La fame di una vita non ulteriormente soggetta al male e alla morte, abbondante (Gv 10,10), piena, duratura. Egli, nella sua omelia, a questi affamati e assetati offre un pane di cui conosce provenienza, nome e perché. Proviene da Dio suo Padre:"E’ il Padre che vi dà il pane dal cielo, quello vero" (Gv 6,32), suo nome è Gesù, egli è il "pane di Dio che discende dal cielo" (Gv 6,33), da Dio inviato a colmare il desiderio di vita dell’uomo:"Io sono il pane della vita, chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!" (Gv 6,35). Questo il suo perché. Un discorso che ci riguarda da vicino, Gesù è il pane offerto dal Padre con viscere materne al nostro desiderio di vita che vogliamo eterna: per sempre visti, conosciuti e amati da Dio a da colui che egli ha mandato, il Cristo (Gv 17,3), per sempre cuore che adora la propria Sorgente (Gv 4,21-24), per sempre occhi che vedono, conoscono e amano l’altro come amati da Dio in Cristo (Gv 13,34). Una offerta che l’annuncio da parte dell’"Io sono la vita" (Gv 14,6), il "Vivente" (Ap 1,18) che genera viventi, rende presente, un già verso la piena fioritura del non ancora, l’essere amati che riamano come amati oltre ogni ombra di male e di morte. Questa è la vita donata al nostro credere.

E una nuova finestra si apre. Credere è resa al Padre che attrae verso Gesù da lui inviato a compierne la volontà, sommergere di vita eterna l’uomo (Gv 6,37-40), generarlo, ripetiamo, a vita che prega, a vita passione d’amore, a vita che legge la morte come porta che apre all’eterno. Fede come sì al dono del Padre, Gesù il Figlio che si consegna a noi come l’"Io sono" pane alla vostra fame, luce (Gv 8,12) alla vostra tenebra, porta (Gv 10,7-9) alle vostre prigioni, pastore (Gv 10,11.14) al vostro essere senza guide, resurrezione (Gv11,25) alla vostra morte, via (Gv 14,6) al vostro smarrimento, verità (Gv 14,6) alla vostra ignoranza, vite (Gv15,1.5) al vostro essere senza innesti. Credere è dunque aderire alla volontà del Padre, al soffio del suo Spirito, al loro inviare a Gesù e al suo messaggio (Gv 6,35) in un sì che permette l’essere restituiti alla propria ineffabile verità di figli e figlie, di fratelli e sorelle, di eredi del futuro. Nella consapevolezza di un no sempre possibile, esemplificato nel ‘mormorio’ dei capi dei giudei che non riescono a immaginare disceso dal cielo un tu di cui si conoscono provenienza e attività umane, impossibile che ‘quello lì’ sia il Figlio donato dal Padre celeste, non credibile è il suo dichiararsi venuto dall’alto ad arrecare vita eterna (Gv 6,43-47). Il Messia è di un’altra portata, non umile e mite a questi livelli, la fede può patire scandalo. A noi, in questa ‘istruzione’ di oggi, il Pane di nome Gesù dice:"Non mormorate" ma "credete" (Gv 6,43.47), e in Pietro ci suggerisce il che fare: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna, e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio" (Gv 6,68-69).

fratel Giancarlo