Come Lui
2 maggio 2025
Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 10,16-25
In quel tempo Gesù disse : «16Ecco: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. 17Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; 18e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. 19Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell'ora ciò che dovrete dire: 20infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.
21Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. 22Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato. 23Quando sarete perseguitati in una città, fuggite in un'altra; in verità io vi dico: non avrete finito di percorrere le città d'Israele, prima che venga il Figlio dell'uomo. 24Un discepolo non è più grande del maestro, né un servo è più grande del suo signore; 25è sufficiente per il discepolo diventare come il suo maestro e per il servo come il suo signore. Se hanno chiamato Beelzebùl il padrone di casa, quanto più quelli della sua famiglia!
Leggiamo oggi una parte del racconto dell’invio in missione da parte di Gesù, che parla del rapporto discepolo-Maestro nella persecuzione e che ben si adatta alla memoria di Atanasio di Alessandria, Padre della Chiesa e Pastore, del quale oggi quasi tutte le Chiese fanno memoria.
Amico e discepolo di Antonio, Atanasio ne scrive la vita e diffonde così la conoscenza del “Padre dei monaci” e del monachesimo stesso. Partecipa a Nicea (325 d.C.) come segretario del Vescovo di Alessandria, prima di diventarne il successore. Difensore dei decreti di Nicea e della divinità del Verbo Incarnato, è costretto all’esilio cinque volte, per diciassette anni complessivi, sia in occidente che nel deserto egiziano.
Il testo evangelico di oggi è la rilettura, alla luce dell’insegnamento di Gesù, della situazione della chiesa di Matteo, che attraversa pericoli e persecuzioni che richiedono comportamenti adeguati. Quelli proposti sono da accogliere non pensando di poter evitare problemi e fatiche, ma per cercare di vivere tutto allo stesso modo di Gesù.
Questo diventa proposta di uno stile di vita valido in qualsiasi tempo e in qualsiasi geografia, per me e per tutti, perché è quello stesso di Gesù. Effetto delle difficoltà e persecuzioni è dunque anche un modo di vivere da imparare, perché il discepolo diventi come il suo Maestro.
Vicende simili: consegnati come Lui, spesso odiati come Lui, erranti come Lui, chiamati a vivere in obbedienza non alle vicende ma al modo proposto: “Io vi mando come… perché diventiate come…”.
Da notare che Gesù manda noi, me, ma non manda i lupi, il pericolo e le contraddizioni! Quelle sono opera degli uomini e della storia, non del Signore, che si preoccupa invece di offrirci la possibilità di affrontarle.
Per questo, tra gli altri insegnamenti, ci propone alcune certezze a cui sforzarci di aderire e su cui appoggiarsi: assistenza dello Spirito (v. 20); venuta del Figlio (v. 23); disegno positivo del Padre (vv. 29-31;).
Ricordo due detti della grande tradizione ebraica che mi sembrano illuminare il testo:
“Qualcosa di grande accade alla pecora che sopravvive tra i lupi: grande è il pastore che la sorveglia e la salva”. Non siamo gettati allo sbaraglio, ma accompagnati e protetti.
Ancora: “I credenti in me, Dio dice, con me sono semplici (immediati, fiduciosi?) come colombe, ma con gli uomini sono astuti come i serpenti”. Vivere da intelligenti, sapendo distinguere.
Tutto spinge a custodire una relazione fiduciosa ed intelligente col Signore che è il mio Pastore (cf. Sal 23), senza presunzioni stupide e ingenuità pericolose, affrontando dignitosamente il nostro essere stranieri e pellegrini (cf. 1Pt 2,11), sapendo di non essere soli e abbandonati, liberi da tutto e in balia di noi stessi o degli altri, ma accompagnati dal Signore di tutta la terra (cf. Lv 25,23).
Devo però chiedermi se quello che avviene di pesante e contradittorio nella vita è davvero “per causa Mia… per causa del mio nome…” o è il prodotto di altre motivazioni, evitando di attribuire a Dio ciò che è l’effetto, più o meno previsto, delle azioni mie o degli altri. L’accoglienza sofferta, senza rassegnazione, ma anche pacificata degli eventi, è probabilmente un buon criterio di discernimento.
fratel Daniele